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Luoghi d'Interesse
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re di scacchi
L'uomo, l'audacia del suo pensiero, il frutto del suo ingegno e della fame atavica del sapere, del crescere del cimentarsi in forma scientifica e filosofica col Cosmo.
Ecco la combinazione che da sempre alimenta incondizionato il mondo delle Culture, delle Arti e del talento indiscusso che l'uomo purtroppo non sempre mette al servizio della comunità lasciando tesori immensi di variegata natura ai posteri. La cultura; il primo sale della vita.

Difficile concepire una pagina semplice ed esaustiva su di un mondo così ampio e vario...
Cercheremo di adoperarci affinché non sia esso un limite ma sprone per arricchire con piccoli tasselli ogni giorno questo spazio così da poterlo rendere sempre più interessante, variegato e compiuto.

Affamato dei vostri contributi non esitate ad inviare materiale renato.r.iannone@gmail.com

Luoghi d'Interesse

Castello dell’Ettore
domina la valle del fiumi Calore, Ufita e Miscano, il vallone di S. Andrea, e l’antico centro abitato di Apice. Castello normanno, costruito nell’ottavo secolo, era dotato di 4 torri a pianta decagonale, oggi ve ne sono solo due, dalle quali partivano sotterranei e gallerie, sbocco di fuga in caso di assedio. Nel corso  degli anni ha subito varie ristrutturazioni, ed è stato trasformato in Casa Comunale, Caserma dei Carabinieri, Scuola Elementare, Sede del Fascio, centro abitativo. Attualmente è esposizione di reperti archeologici, museo di arte contemporanea e contadina, Museo Storico con annessa Biblioteca, e sede di attività culturali.
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PONTE APPIANO
denominato "PONTEROTTO"
Uno dei luoghi più suggestivi e storicamente più importanti della nostra zona, ai confini delle province di Benevento e Avellino, risalente al 20 a.C. Chiamato “PONTE ROTTO” sul fiume Calore situato in Contrada Morroni di Apice, che collegava la riva cubantese della via Appia con quella morronese verso Aeclanum , una delle città più importanti dell’antico Sannio e probabilmente di età Traianea. Originariamente il ponte era in legno, ed era chiamato “ponte della Renola”.
La necessità di avere una struttura stabile e duratura, spinse le autorità romane a costruirne uno più grande, capace di sopportare il massiccio traffico di mercanti, soldati e pellegrini che si recavano verso la Puglia per imbarcarsi per le terre sacre o per l’oriente, nonché di coloro che si dirigevano verso la valle dell’Ansando dove sorgeva il più grande santuario pagano dedicato alla Dea Mefite. Il ponte è a schiena d’asino, classico esempio di architettura romana, che permetteva di distribuire il peso sui vari piloni senza caricare eccessivamente quelli centrali che erano situati nell’alveo del fiume. La Via Appia, la “Regina Viarum”, costituiva l’asse di sviluppo dell’economia antica ed attraversava tutta l’Italia Meridionale, situata a 164 miglia da Roma, attraversava Beneventum per collegarsi sulla traiana verso Aequm Tuticum , città punto di riferimento storico localizzata nei pressi dell’odierna Ariano. Primeggiava per la bellezza dei suoi marmi provenienti dall’oriente, che rivestivano quasi interamente il ponte, e delle statue di ogni tipo che completavano la sua maestosità. 
CONVENTO IN ONORE DI S.ANTONIO DA Padova. 
A pochi chilometri da Apice, situato in collina ed immerso nel verde sorge il convento dedicato a Sant’ Antonio da Padova, in un incantevole scenario da dove è possibile ammirare paesaggi di straordinaria bellezza, dai monti dell’alta Irpinia alle splendide montagne del Taburno che formano la famosa “Dormiente del Sannio”.
In alcuni libri antichi si narra dell’esistenza nella zona di un precedente convento intitolato a Santa Maria dell’olivo e di un eremo contemporaneo al convento di San Francesco, con annessa chiesetta, entrambi semidistrutti dal terremoto del 1456; l’operoso lavoro dei monaci, aiutati dai cittadini apicesi e in particolar modo dai contadini della zona, fece nascere a poca distanza l’attuale convento, che venne dedicato a Sant’ Antonio da Padova.
In merito alla data di realizzazione del monastero non abbiamo riferimenti certi: alcuni scritti sostengono che il convento di Sant’Antonio è stato eretto tredici anni dopo la fondazione dell’Ordine dei Mendicanti da fra Matteo Bosco (quindi intorno al 1300); la storia ufficiale a noi nota riferisce che la edificazione avvenne nel 1530 a cura di padre Ludovico da Fossombrone, allora vicario generale dell’ordine dei Cappuccini Minori; altri manoscritti antichi, infine, narrano che l’edificio fu restaurato e ampliato dopo il terremoto del 1456 con una grande donazione dell’allora feudatario apicese don Innico Guevara, molto devoto al Santo, ed il contributo dei fedeli e i cittadini apicesi.
Nel corso dei secoli, molte furono le opere di restauro. Dall’era napoleonica in poi, diverse leggi determinarono la requisizione dei beni ecclesiastici e la soppressione dei conventi minori. Leggi a cui si opposero molti sindaci di Apice e l’intero popolo apicese, in disaccordo alla sottrazione di un luogo di culto, simbolo sacro del popolo stesso. Nel 1938, il Commissario Prefettizio avv. Ettore Perriello permise il rientro dei monaci al convento di Apice.
In quegli anni di requisizioni, a custodire il luogo rimasero Padre Francesco da Napoli, ex guardiano, con il terziario Fra Giuseppe da Benevento che si presero cura del convento, e fu proprio in questo periodo, a seguito di calamità che si susseguirono, il popolo correva ad implorare grazia in processione con tredici verginelle vestite di bianco salendo a piedi fin sopra il convento. Gesto che poi ha portato al tradizionale pellegrinaggio a piedi per il convento, nei giorni della tredicina a S. Antonio di Padova. 
Negli anni novanta il convento si è arricchito del campanile eretto alla destra della Chiesa e di una statua della Madonna sistemata ai piedi della scalinata principale, sulla destra.
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LA FONTE MIRACOLOSA DI SAN FRANCESCO.
A pochi metri dal convento di S. Antonio, in una grotta sottostante il vecchi convento di san Francesco, 
Durante i suoi percorsi di pellegrinaggio a S. Michele Arcangelo sul Gargano, S.Francesco sovente percorreva la via Appia poiché, era l’unica strada ben tenuta che facilitava il suo percorso. Lui non entrava nelle città che incontrava dove c’era la ricchezza, ma si inoltrava nelle periferie, dove c’erano i poveri ed esistevano lazzaretti ed eremi dei suoi seguaci. Ad Apice fu ospitato presso l’eremo S.Maria degli Olivi dalla sua confraternita ed in seguito in suo onore fu costruito il convento a lui dedicato. La contrada in cui fu eretto il Convento si chiama Contrada S.Lucia, ed a quei tempi era priva di sorgenti, l’acqua era indispensabile sia per le necessità ad uso domestico, sia per quello religioso, infatti, i monaci dovevano recarsi al fiume per attingere l’acqua. Da qui la richiesta a S. Francesco di intercedere pregando in loro aiuto affinche’, si avverasse il loro desiderio di avere una sorgente. S.Francesco sollevò con tre dita un enorme sasso, che è possibile ancora oggi vedere nella grotta con le impronte delle dita, da dove scaturì la fonte d’acqua miracolosa, oltre al fatto meraviglioso che viene spesso indicato, l’acqua cade ad intervalli scandendo sempre le stesse tre note: do, re, mi.
“…… più in basso vi è una piccola grotta di muschi piena
Ove tra le penombre scaturisce una vena d’acqua perenne.
Nasce silenziosa e pura da l’oscuro macigno,
fra un serto di verdure di mille capelvenere…."
Da Antonio Mellusi scrittore poeta e storico beneventano del 1900La leggenda popolare così come ci è stata tramandata asserisce che le impronte delle dita siano di S. Francesco, il quale, tra le meraviglie di tutti sollevò il macigno con tre dita poggiandolo dove si trova adesso. Nell’interno della grotta sulla parete frontale si nota la figura di un Santo, con le braccia incrociate sul petto, invece, sulla parete a destra si possono notare innumerevoli scritte scolpite sul muro di dediche e ringraziamenti di voto, di benedizioni avuti corrispondenti a secoli diversi. Il Mellusi chiude il suo magnifico canto su S. Francesco con i seguenti versi: “ Soave è la leggenda. Il tempo ancor non vieta al novellar del popolo, questo immortale poeta, di dire che in portento la fontanella nacque sopra quel colle di Apice, che le limpide, quelle acque sgorgano negli anni, da noi molto divisi, in cui qui venne scalzo il poverello d’Assisi, quando per estri sacri, benefico in cammino, da le convalli d’Umbria giunse al paese irpino”. S.Francesco venne in Apice nel 1222 (Pacichelli pag.251 e Luca Vaddingo, Annales Minores vol.19 “ Mariae Olivetae Terrae Apipis , et apitiis” ) e qui in seguito a donazione di un pezzo di terreno, i suoi confratelli eressero un eremo poi divenuto convento con l’aiuto e la passione dei contadini della zona.Il convento divenne meta di pellegrinaggio per anni tantissimi furono i pellegrini che arrivarono, anche per glorificare la fonte miracolosa di cui il Serafico ne fu l’artefice, come dice un intestazione di una lapide, molti furono i pellegrini che arrivarono da tutte le province limitrofe dopo aver visitato la grotta ed aver bevuto l’acqua ebbero numerose guarigioni. Adesso la grotta è tenuta in completo abbandono la lapide caduta dal muro che l’ospitava da secoli, giace a terra rotta, nell’interno terra e disordine la fanno da padrona. Attualmente la grotta è localizzata in una proprietà privata, per qualche anno fu data in comodato d’uso al comune di Apice e in quegli anni furono fatti dei lavori di ristrutturazione della stradina d’accesso, fu messo un cancelletto e l’indicazione turistica, tutto ciò ad oggi è abbandonato a se stesso; sarebbe bello poter accedere di nuovo a quella oasi di pace mistica .Grotta ed interno dove si puo’ ammirare la sorgente ed il sasso con l’impronta delle tre dita, e la lapide esposta sul lato a sinistra dell’entrata.
ABAZIA DI SANTA MARIA ASSUNTA IN CIELO
Anticamente le parrocchie di Apice erano quattro: Santa Maria Assunta in Cielo, Parrocchia di San Nicola, di San Pietro e di San Bartolomeo. Delle quattro ne restano attualmente due l’abazia di Santa Maria assunta in cielo e la parrocchia di San Nicola.
 
La chiesa di Santa Maria Assunta in cielo, situata al centro del paese era la più rappresentativa e svolgeva una vera e propria autorità sul popolo. Di origine longobarda, la chiesa ha la forma della croce latina, all’interno ha tre navate separate da colonne stile marmo ionico. L’altare di marmo pregiato finemente intarsiato aveva due angeli posizionati lateralmente, scolpiti in marmo dal famoso artista del 700 Filippo Ragusini. Anticamente era dotato di un tabernacolo a quattro colonne. All’interno della cupola, il tiburio era raffigurato a dipinto come cielo che si apre sopra all’altare. Dietro l’altare vi era posizionato, un maestoso coro ligneo dove si collocavano tutti i canonici durante le messe. Erano presenti anche dipinti cinquecenteschi rappresentanti la resurrezione di cristo e l’ascensione. Al lato della navata ovest erano riposti tre dipinti di pittori ignoti. Nel quadro del battesimo era raffigurato il Battista con le mani alzate, per battezzare il Signore.  A tale chiesa fu annessa la congrega di S. Maria Immacolata e dal 1618 per istituzione del Cardinale Orsini la Confraternita del S.S. Corpo di Cristo col diritto di concedere indulgenze. Alla congregazione apparteneva uno dei due campanili della chiesa, il più alto e artistico, che dava un bellissimo aspetto al paese; crollò a seguito del terremoto del 1930 e non fu mai più ricostruito. Oggi ne resta solo uno, dove si può ammirare una campana finemente decorata. 
La chiesa fu elevata in Abbazia, dove l’Abate aveva una diocesi separata da quella beneventana ed un capitolo di 16 canonici. Nel “volumetto incompleto cenno storico di Apice” di Racioppi si parla di documenti antichi scritti in carattere gotico, teutonico e longobardo esattamente di 40 pergamene ben conservate.
In una di quelle pergamene, datata 1301, si narra della Contessa Minora di Balbano, che concedeva le proprie terre alla chiesa di S. Maria; terre denominate terre dell’Isca in territorio di Ariano.La leggenda narra che la contessa nel passare nei pressi della chiesa, udì ben cantare i canonici, e ammirata e commossa da questo coro volle lasciare i suoi beni alla chiesa. Nel 1456 durante la novena alla madonna, ci fu un forte terremoto che fece crollare la volta della chiesa ed anche il pavimento facendo cadere i fedeli sulle tombe della cripta. In tale chiesa, si conservavano diverse reliquie, fra cui il velo della Madonna, il cuore, l’abito e le ossa di .S. Giuseppe da Copertino, la veste di S. Andrea di Avellino, il mantello di S. Francesco da Paola.  Sulla parete della navata sinistra all’ingresso della chiesa, c’era un crocifisso coperto da una saracinesca che si abbassava e alzava manualmente. Un crocifisso molto antico, costruito con un materiale simile alla pelle che rappresenta il corpo piagato di Gesù dopo la flagellazione, con dimensione ad altezza d’uomo. Veniva invocato con delle preghiere particolari del crocifisso, litanie di Gesù crocifisso anche cantate. Queste litanie venivano pregate nel momento in cui accadeva qualcosa di particolare nella comunità, come una malattia di una persona, la peste, momenti gravi e tragici, e dopo la messa l’abbate si recava al crocifisso, si alzava la saracinesca si svelava il crocifisso e si recitavano dette preghiere. Il Crocifisso rappresenta il simbolo che custodiva e preservava dai mali la comunità apicese. Tradizione antica alla quale la comunità era molto legata. Oggi il crocifisso è nella parrocchia di Santa Maria Assunta e San Bartolomeo di Apice Nuova, e viene mostrato alla comunità nel giorno di venerdì santo, e ancora oggi la gente più anziana si commuove davanti ad esso. Questo sta a significare il legame affettivo, spirituale e umano a quel crocifisso, che segna e ha segnato la vita della nostra comunità. 
Il terribile terremoto del 1930 fu devastante, cadde la volta della chiesa, ed il campanile a sinistra, il pavimento fu rovinato e ci furono molti crolli all’interno. I lavori di ricostruzione furono affidati alla ditta Scocca e quelli di pitturazione e decori all’artista locale Nicola Auciello. Con il terremoto del 30 crollò anche la parte affidata alla confraternita, in quel luogo con la ristrutturazione, nacque una sala teatrale-cinematografica, ancora oggi si può ammirare ciò che ne resta. Un palco con un sipario, varie file di sedute in legno, e una galleria con altre sedute. Il cinema teatro è rimasto attivo fino al 1980, simbolo della socialità del paese, utilizzato sia dalla parte civile che religiosa, dove venivano fatti comizi politici, recite scolastiche, concerti, e riprodotti film.   A sinistra sulla facciata dell’Abbazia vi è raffigurato un sarcofago rappresentante l’Abate Angelo Giordano morto il 2/09/1420 e rinvenuto in questa chiesa. L’Abate si presenta con degli abiti pontificali, e un copricapo arabesco tempestato di gemme, , in mano un pastorale armeno che termina con una testa di serpe, ciò induce a credere , che la chiesa di Apice non era di rito latino, ma bensì soggetta alla chiesa ortodossa di Costantinopoli .  La Chiesa di Santa Maria Assunta in Cielo è sempre stato l’emblema del paese, simbolo della socialità, della cultura religiosa e civile, che moralmente ha tenuto uniti gli apicesi nei ricordi da sempre.
CHIESA DI SAN NICOLA ED AFFRESCHI
Nell’inventario delle scritture dei monasteri soppressi di Benevento nel 1547 la Chiesa viene menzionata come Chiesa dei Santi Niccolò e Bartolomeo. Prima del 1932, le due chiese erano separate, e si erigevano in due luoghi diversi, con il terremoto quella di S. Bartolomeo fu distrutta e aggregata a quella di San Nicola, come ancora oggi è conosciuta. La Chiesa fu costruita su un basamento di tempio pagano. È posizionata nella zona bassa del paese, di un’architettura semplice fatta di un altare maggiore con nicchie presenti sui lati, che raffiguravano santi. Sull’altare maggiore c’era un quadro che rappresentava la Madonna con il Bambino, con intorno i santi che lo veneravano. Come si legge da alcuni documenti storici, la chiesa era stata elevata a rettorato, e il Rettore aveva il privilegio di indossare il mozzetto o la pelliccia.  Annessa alla chiesa vi era la congrega di S. Maria del Rosario, e lungo le pareti erano raffigurati in affresco i Misteri di Gesù che raccontano dell’incarnazione, passione, crocifissione, morte, sepoltura, discesa agli inferi, risurrezione e ascensione di Cristo. Nella parte esterna della chiesa, incassato nelle mura c’è una lapide raffigurante un toro ed un fascio.  Lapide che richiama ai culti pagani, e può dare indicazioni sulla storia di Apice. Il Toro, è rappresentato con un nastro sacrificale fra le corna, quindi un animale prossimo al sacrificio, e il fascio, forse di betulle o di legna, con l’ascia, rappresenta un inneggiamento alla Dea Madre Cerere come ringraziamento per i frutti della terra che donava.
La chiesa di S. Nicola, si trova oggi in uno stato di abbandono, come il resto del paese soprattutto in quella parte, dove la natura ha preso il sopravvento. All’interno, molto è stato rubato, probabilmente tutto ciò che aveva valore e poteva essere scastonato dalle mura, restano i banchi della chiesa, il pulpito in legno finemente decorato, qualche confessionale, pochi resti dell’altare, gli affreschi, e un senso di tranquillità e pace.
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in sintesi: Le chiese di Apice
Anticamente le parrocchie di Apice erano quattro: parrocchia di Santa Maria Assunta in cielo, parrocchia di San Nicola, parrocchia di San Pietro, parrocchia di San Bartolomeo. delle quattro parrocchie sono rimaste, al centro storico di Apice, l'abbazia di Santa Maria Assunta in cielo è la parrocchia di San Nicola.

Chiesa dei santi Niccolò e Bartolomeo così viene menzionata nell’inventario delle scritture dei monasteri soppressi di Benevento nel 1594.  Costruita su un basamento di tempio pagano risalente a tanti secoli fa, resiste ancora all’incuria del tempo e dell’uomo, fatiscente nel suo insieme, dove diverse parti sono pronte a cadere. Posizionata nella parte bassa del paese è stata da sempre uno dei punti di riferimento di culto degli abitanti apicesi.  Di architettura molto semplice e modesta nella sua conformazione con l’altare maggiore ed alcune nicchie con statue raffiguranti dei santi. 

Parrocchia Santa Maria Assunta e San Bartolomeo
Con la costruzione del nuovo centro di Apice è stata eretta l'unica Parrocchia del paese con il nome di Santa Maria Assunta è San Bartolomeo. La chiesa parrocchiale del nuovo centro è stata consacrata il 9 luglio 1983. Chiesa a pianta triangolare che racchiude il senso religioso delle quattro parrocchie del centro storico e dell'intero popolo di Apice. All'interno di essa è possibile Ammirare le antiche effigi dei Santi venerati fino ad oggi. All'ingresso sulla sinistra è possibile ammirare il fonte battesimale, una parte del fonte è stata recuperata dall'abbazia di Apice. Sospeso sul presbiterio un bellissimo Cristo di bronzo a vegliare l'intera comunità sulla destra la nuova Sacrestia molto accogliente che prepara i ministri alle celebrazioni. Alla sinistra del presbiterio sono presenti 4 vetrate colorate rappresentanti i simboli dei quattro evangelisti.

Chiesa di San Donato
in Contrada San Donato
La nuova chiesa di S. Donato è situata a pochi metri da quella omonima più antica e famosa per la sua storia. La storia di questa chiesa, potrebbe avere radici diverse, durante il periodo longobardo nella chiesa di S. Sofia di Benevento, si venerava S. Donato uno dei dodici fratelli, poco conosciuto in città ,le cui reliquie furono portate nel 760 dal Duca Arechi II, martirizzato dall’imperatore romano Valeriano insieme ad altri undici fratelli missionari (non di parentela) che vennero ricordati come “ martirio dei dodici fratelli”. Il Duca Arechi II portando in Santa Sofia di Benevento le reliquie raccolte, dichiarò San Donato martire, protettore del principato e ne diffuse il culto. In questa chiesa, costruita su un terreno privato, ci si riunisce per la Messa della Domenica mattina e in occasione della festa in onore del Santo, il 17 febbraio e 7 agosto.

Chiesa di Maria Immacolata
in Contrada Tignano
Antica chiesa del feudo padronale di Contrada Tignano all’epoca chiamato feudo di Tinghiano, era gestita da un arciprete o abate che aveva il titolo, nominato dal feudatario di turno, quindi era di diritto baronale. Risalente intorno all’anno 1000 a.C. doveva essere molto importante viste le sue rendite. Oggi la chiesetta è situata a valle della contrada di Tignano e ci si riunisce per la Messa vespertina della Domenica e nei giorni dedicati alla Madonna soprattutto la Domenica prima del 31 maggio e la Domenica dopo l’Immacolata, eventi posticipati rispetto alla memoria liturgica visto che già nella chiesa parrocchiale si festeggiano solennemente.

Chiesa della Santa Croce
in località Castel di Fiego
Anticamente la comunità del Fiego si radunava per le varie celebrazioni in una piccola cappellina privata. Negli anni ’80, per volere del Sindaco Luigi Bocchino e dei fedeli del luogo è stata costruita una chiesetta più grande a pochi metri di stanza dal primo edificio ecclesiale per garantire una partecipazione religiosa più confortevole e dignitosa.
Ci si riunisce nella chiesetta il 3 maggio per la festa tradizionale della Santa Croce e il 14 settembre nel girono della Festa liturgica dell’Esaltazione della Santa Croce.

Chiesa di San Lorenzo
in Contrada San Lorenzo
In un Casale di Apice, detto San Felice alla Rocchetta, nel 790, fu edificato una Badia sotto il titolo di San Lorenzo al Bosco. Di questa antichissima Badia non resta che la chiesa nella quale per comodità gli abitanti della Contrada nei giorni festivi si incontrano per vivere la Santa Messa vespertina della Domenica e incontrarsi per i festeggiamenti di San Lorenzo il  10 agosto. Nella cappella di San Lorenzo esiste un’epigrafe in marmo che ricorda la consacrazione fatta dal Cardinale Filippo Coscia:
il Magnifico Borgo d'Apice VecchiaApice è uno dei molti paesi campani vittime del tragico sisma del 21 agosto 1962. Alle ore 19.30 la terra tremò a lungo, con due scosse ravvicinate di magnitudo 7° grado della scala Mercalli.
Apice fu gravemente danneggiato, ma non raso al suolo. Tuttavia, fu giudicato dagli esperti come luogo non sicuro. Trattandosi di un borgo rurale, le case erano costruite in modo da non garantire la sicurezza e si temevano nuovi crolli. Così il paese fu spostato a qualche chilometro di distanza, sul colle opposto. Si è a lungo discusso della possibilità di recuperarlo come testimoniano i tanti progetti susseguitisi negli anni. Uno di questi, del 1965, l'abbiamo trovato sul pavimento di un palazzo. Non tutti abbandonarono il paese vecchio. Alcuni vi rimasero a vivere e lavorare, nonostante il sisma del 1980 avesse ulteriormente danneggiato il borgo e l’avesse svuotato quasi completamente. Il sig. Tommaso Conza, barbiere di Apice, insieme al sindaco Luigi Bocchino fu uno degli ultimi ad andarsene; vi rimase fino al 2007. Oggi è un po’ la memoria storica di Apice vecchia e potrete trovarlo al suo salone, nel nuovo insediamento di Apice. Proprio come il comandante di una nave che sta per affondare, il sindaco Bocchino fu l’ultimo abitante a lasciare il centro antico, che da allora è rimasto deserto. Apice è rimasto come muto testimone della furia della natura, ma anche di una civiltà contadina che è ormai scomparsa. Camminare nelle strade di Apice vecchia, entrare nelle case, nelle botteghe, nei bar è come fare un tuffo nel passato. E’ tutto fermo a 50 anni fa. Le case erano ad uno o due piani con la tipica architettura rurale nel metodo costruttivo e nella divisione degli spazi. Le scale interne in pietra e non cemento, i bagni esterni o ricavati all'interno della stanza da letto, divisi dalla quale da un semplice telo, la cucina in muratura col camino. Al pian terreno l’aia per gli animali. Non mancano, però, splendidi palazzi come palazzo Cantelmo, che si affaccia sulla piazza del mercato, con i sui affreschi e stucchi pregiati. Questa ricca abitazione su più piani è piena di documenti storici purtroppo buttati alla rinfusa sui pavimenti e persino sulle scale. 

Negli ultimi venti anni ha attirato decine e decine di appassionati Urbexer. Gli apicesi hanno per primi compreso il grande valore storico culturale dell’abitato. E’ stato approntato un progetto per trasformare Apice vecchia in una sorta di Pompei del 900, mettendo in sicurezza case e strade e lasciando tutto come è rimasto dopo l’abbandono dell’abitato. Tutti gli accessi alla città vecchia sono stati protetti da cancellate, con l’ordinanza di divieto di accesso ben visibile, in attesa delle verifiche e degli interventi di consolidamento. Anche la strada che lambiva il paese da valle è stata chiusa con una recinzione, che però tiene lontano solo le auto. Tutto però è fermo da anni. Avendo esplorato a fondo questo borgo riteniamo abbastanza improbabile un recupero integrale, specie della parte bassa attorno alla piazza Umberto, dove i segni dei crolli e della distruzione sono più evidenti. Non è solo ai terremoti violenti che è dovuta la lenta disgregazione, ma anche e soprattutto all'azione della lussureggiante e pervicace vegetazione che si sta lentamente riprendendo tutti gli spazi penetrando nei solai, nei muri sui tetti. Tuttavia una significativa parte alla base del castello è ancora in discrete condizioni e potrebbe essere recuperata con piccoli interventi con una spesa sostenibile.

Estratto dal servizio di Giovanni Filangieri ( esserealtrove.it )
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Ponte Vanvitelliano di Apice Vecchia

È un ponte di scuola Vanvitelliana fatto costruire dall’allora sindaco di Apice Raffaele Giordano, su progetto dell’ingegnere Massari. I lavori del ponte iniziarono il 4 ottobre del 1837 e durarono circa 9 anni. L’opera terminò nel 1847 per un costo complessivo di 16 mila ducati, corrispondenti all'incirca a 70 mila lire. Il ponte fu realizzato nei pressi dell’abitato di Apice Vecchia sulla diramazione dell’attuale strada provinciale SP 27.

L’antico manufatto, costruito in muratura a faccia vista, presenta cinque arcate ed è lungo 60 metri e largo 5; fu dismesso a seguito del terremoto del 1962, pertanto oggi è chiuso al traffico.

Purtroppo non più tardi di circa un mese fa dalla pubblicazione di questo portale, il ponte è crollato vittima tanto della incessante pressione del fiume quanto dell'incuria Istituzionale.

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FESTE E SAGRE AD APICE

AGOSTO
Sagra Apicese. Serate enogastronomiche, musica folk - Tarantella - Tamburiata - Pizzica e Taranta. ...
Sagra degli Orti Apicesi con Infior...Orto. Stand con piatti tipici locali, anche vegetariani. ...

OTTOBRE
Palio dell'Uva. ...

ALTRE DATE
Festa di Sant'Antonio e San Giovanni. ...
Festa di San Sebastiano. ...
Pizza in Piazza.
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LA TRE COLLI DI CICLISMO
Il variegato paesaggio fatto di promontori collinari e distese pianeggianti ha negli anni spronato il ciclismo dilettantistico Campano che grazie anche alla attività organizzativa dell'ASD Tre Colli; si ritrova ogni anno nel periodo estivo per partecipare alla "Tre Colli" Competizione ciclistica dilettantesca che raccoglie atleti ed appassionati da molte aree Campane e non soltanto.
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IL GIARDINO DELL’ARTE - SCUOLA D’ARTE

Il giardino dell’arte si trova nel centro storico di Apice, ed è adiacente al Castello dell’Ettore. Gli obiettivi di tale progetto sono la valorizzazione ed elevazione artistico – culturale del territorio, con particolare attenzione al recupero dell’identità storica, culturale ed architettonica del nostro paese.
Da qui il progetto di realizzare un laboratorio di scultura, pittura e ceramica per giovani artisti nel Borgo Antico. Tale iniziativa vede inserirsi in un più ampio progetto artistico-culturale che vede coinvolti Istituti ad indirizzo Artistico della Provincia, comprendendo una serie di eventi quali realizzazioni di sculture da collocare sia nel Nuovo che nel Vecchio Centro di Apice e mostre sia di opere artistiche che di ceramiche ad Apice e nei comuni della Provincia di Benevento.
L’organizzazione del laboratorio prevede diverse fasi attuative:
La realizzazione di corsi sia teorici che pratici di diverse discipline artistiche e di corsi di formazioni professionali.
Ricerche storiche: ricostruzioni grafiche e plastiche delle Chiese apicesi e ricerche storiche su ponti, Castelli ed edifici di rilevanza storica.
Censimento di zone demaniali e terreni abbandonati per creazioni di giardini, oasi verdi, siti botanici (recupero di alberi e piante in via di scomparsa= il giardino dei frutti perduti) e sedi artistico-ricreative.
Organizzazione di seminari: incontri con personaggi dell’arte (scrittori, pittori, musicisti e poeti). 
Il giardino dell’ arte ha portato avanti il Progetto “Adotta una scultura”
Consiste nell’ Individuare e catalogare una serie di pietre alcune già collocate ed altre da collocare negli spazi pubblici del Nuovo Centro e di Apice Vecchia, spazi che potranno essere adottati dai cittadini che provvederanno alla manutenzione ed alla cura di tali spazi. Tali pietre saranno destinate ad essere scolpite ad opera di giovani artisti preferibilmente apicesi e/o beneventani. 
Recupero e valorizzazione dell’antica lavorazione del cotto
Nel nostro territorio da diversi decenni si era sviluppata la produzione di cotti che servivano a ricoprire i tetti delle case del Borgo Antico, ma che per la loro elevata qualità venivano utilizzati anche al di fuori del territorio apicese. La riscoperta e il ripristino di tale produzione artigianale, da valore al nostro territorio e alle nostre tradizioni.
Ingressi murati di abitazioni di Apice Vecchia
Sugli ingressi delle abitazioni del Centro Storico murati per ragioni di sicurezza, si vedono collocati pannelli di materiale diverso (legno, metallo e cartongesso) leggero ma resistente che occupano tutto lo spazio dell’ingresso e su cui vedono realizzati bassorilievi e pitture.
Diventa prioritario nel Centro Storico è mantenere e trasmettere alle future generazioni nella loro autenticità forme, figure, materiali, aggregati, percorsi, in sostanza un patrimonio culturale di valore. Tale progetto vede la valorizzazione territoriale ed il recupero dell’identità storica, culturale ed architettonica del nostro paese come obiettivo principale. Il coinvolgimento di giovani artisti e delle scuole è alla base di qualunque iniziativa di recupero della nostra memoria storica e delle nostre radici: qualunque progetto di recupero è destinato al fallimento se non si sensibilizzano le giovani generazioni su tali tematiche.
Con l’abbandono di Apice Vecchia per i noti eventi sismici si è rischiato di perdere la nostra memoria storica e la nostra identità in quanto è venuto meno il senso di continuità fra presente e passato. La riscoperta del passato, intesa come memoria ed identità di ognuno di noi, ci consentirà di riacquistare il senso di appartenenza, consapevoli che solo attraverso il recupero e la valorizzazione del Centro Storico ciascuno di noi potrà ritrovare la propria identità culturale che stavamo progressivamente smarrendo dopo il trasferimento nel Nuovo Centro.

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Museo e biblioteca di ornitologia
Piazza Municipio, 1 - Apice Vecchia (BN)
www.museoornitologicodiapice.it

Inaugurato nel 2010, il Museo e Biblioteca di ornitologia di Apice ha avuto origine da una raccolta dell'avifauna Italiana dell'ornitologo Sannita Antonio Porcelli. Il Museo possiede una intera sala che raccoglie la collezione ornitologica dove sono conservate quasi tutte le specie nelle varie forme ed età che dal Sannio alla Campania ead all'intero stivale della Penisola Italiana popolano pianure, colline, boschi, valli montagne fino ad arrivare al mare. Il Museo si colloca in seno alla Riserva Faunistica  di Apice (BN) dove è possibile avvistare numerose specie ornitiche nidificanti e svernanti. Nel corso degli anni la collezione è stata notevolmente ampliata fino a comprendere esemplari di quasi tutta l'avifauna italiana. Il Museo ha potenziato la sua attività sia con donazioni spontanee che con acquisizioni; aprendo una nuova sezione rappresentante altri comparti delle Scienze Naturali come la Mammologia, l'Erpetologia e la Paleontologia. Tra le bacheche dedicate alla esposizione degli esemplari si sono inserite documenti visuali e testuali che raccontano dettagliatamente l'architettura dell'avifauna del nostro Paese con nidi, uova ecc. Storia del volo; dallArcheopterix all'Avifauna con riproduzioni di fossili repertati. Parte preziosa del Museo è di certo la Biblioteca scientifica allestita in una seconda ampia sala aperta alla consultazione, ideali per progetti didattici e per visite approfondide di scolaresche, associazioni e studiosi appassionati. Nella stessa sala è ospitata una collezione di uova (ovoteca); una emeroteca con riviste scientifiche di settore ed una ricca videoteca. tutto materiale ovviamente dedicato all'avifauna del continente Europeo principalmente. La ricca serie di esemplari in visione è da considerarsi tra le più significative per valore storico-cultirale di tutto il territorio Nazionale, annoverando esemplari di alto pregio scientifico che nel corso degli anni sono stati accumulati, censiti e catalogati ed al quale è stata data una buona sistemazione espositiva. Ad oggi si contano circa 500 esemplari ordinati secondo un criterio evoluzionistico delle specie.
Diverse sono le finalità della struttura:
1) La conservazione, la cura, l'ordinamento ed il continuo incremento della collezione al fine di salvaguardare l'integrità per consentire al meglio la sua fruizione per scopi scientifici e informativi.
2) La diffusione e la divulgazione della cultura avifaunistica Nazionale
3) La realizzazione di corsi, convegni e seminari corollario di arricchimento e potenziamento alla preparazione tecnico-scientifica e/o per la soddisfazione di appassionati e ricercatori.

4. I visitatori sono particolarmente attratti dalla collezione attraverso l'ostensione sistematica dei reperti.
Va infine detto che la storia ed il valore incontestabile del Museo nonchè la sua cura, è lo specchio dello Studioso chiamato a dirigerlo in piena responsabilità. L'ornitologo Apicese Antonio Porcelli. Egli da ideatore e conservatore; da studioso ed appassionato, ha fatto di questo ambizioso progetto la stella polare degli ultimi anni. Garatendo arricchimento sistematico e continuità attiva.
L'orientamento attuale è quello di incrementare la rassegna anche dei vertebrati inserendo campioni zoologici in un contesto interdisciplinare aperto alla storia ed alla contemporaneità.

 

Dott. Antonio Porcelli (Direttore-Fondatore del Museo Ornitologico e Biblioteca di Apice)

Naturalista, Ornitologo e Zoologo. Perito Agrario, Agrotecnico e forestale, si laurea in Scienze Naturali presso l'Università degli studi di Napoli Federico II.
Giudice Popolare presso il tribunale di Benenvento.
Sin dalla adolescenza ha coltivato un forte interesse per l'avifauna, osservando, studiando ed allevando numerose specie ornitiche. E' socio di tutte le associazioni ornitologiche italiane e partecipa a cadenza biennale al congresso Nazionale di Ornitologia. Operatore faunistico, titolo conseguito presso l'Amministrazione Provinciale di Benenvento. Esperto in Museologia Scientifica; titolo conseguito presso la Società dei Naturalisti di Napoli. Già componente del comitato tecnico faunistico Provinciale di Benevento. Ricercatore di campo dell'avifauna e della fauna selvatica Italiana. Ha pubblicato numerosi articoli di carattere ornitologico e faunistico su "il Mattino di Napoli e su quotidiano Sannita "il Sannio". 
Componente della Commissione Provinciale di Benevento all'Abilitazione Venatoria. Ha realizzato presso l'Azienda agrituristica "TUFINI" il primo Bird-Garden in terr Sannita. Da studioso di ornitologia ha diffuso nel Sannio numerose "cassette-nido" per favorire la nidificazione dell'avifauna insettivora. Ideatore e conservatore del museo e della biblioteca ornitologica di Apice con oltre 500 esemplari naturalizzati raccolti sul territorio nazionale ed oltre 2000 testi scientifici di ornitologia e zoologia italiana ed Europea.
Promotore del costituendo Parco Ornitologico Italiano ove albergano meravigliose creature alate con annesso orto botanico.
Membro della Delegazione Italiana del Consiglio Internazionale della Caccia con delega all'ornitologia. Con l'ausilio di due cani da ferma, svolge nel periodo autunnale il monitoraggio dei Galliformi nelle aree montuose e dei Caradriformi nelle zone umide della Campania. Coniuga il suo impegno scientifico con la gestione dell'azienda olivicola naturalistica Porcelli, ubicata nella collina centrale di Apice (BN). 

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